Come delle note di jazz...



Buonanotte ragazze e ragazzi

Dopo l’impresa itanica del video, chespero vi sia piaciuto, dopo le sette camicie che ho sudato, passo alla scrittura. È una forma di comunicazione più tranquilla e diretta, secondo me.

Non mi è piaciuto stare lontana dal blog per così tanto tempo. Anche nei giorni in cui non pubblico, lavoro sempre per migliorare la forma e il contenuto di quello che vi propongo. Stare senza la mia attività quotidiana, mi ha un po’ rattristata, ma non avevo la testa per farlo.

Il mese di aprile, come ogni anno, è stato ricco di sorprese di m….. Non mi stupisce: tutti i 26 aprile che ho vissuto finora hanno avuto il buon gusto di prendere la mia vita e sbatterla per terra, mandandola quasi sempre in mille pezzi.

Questa volta, però, sono bastati 19 giorni. In 19 giorni tutte le barcollanti ma sincere certezze che credevo di avere si sono sgretolate sotto i miei piedi, lasciandomi con la tremenda sensazione che forse tanto solide non erano. Sono venuti a galla problemi che avevo ignorato e malumori ai quali avevo resistito troppo a lungo. Credo sia naturale che, dopo una lunga sopportaziona a denti stretti, tutto si spezzi.

Mi auguro che la convinzione sia ancora corretta. Credo fermamente che dietro ogni disastro, ci sia una grande occasione. Quando tutto sembra perduto, ecco che troviamo, scavando con le unghie tra le macerie di una vita in frantumi, l’opportunità che aspettavamo. Basta non demordere e non avere paura di mettere le mani nella m…. perché le chances non ti saltano in braccio. Dicono che nell’universo nulla si crei e nulla si distrugga, bensì tutto si trasformi. Penso che questo sia valido anche per gli esseri umani. Dopotutto, solo la morte è irreversibile, quindi finchè restiamo con i piedi sopra la terra e non sotto, possiamo vedere in ogni nuovo giorno una nuova vita.

Credo di aver tirato troppo la corda in questo periodo: c’è stato troppo stress che, come sempre, si manifesta prima e soprattutto sulla vista. Domani parto per le visite post radioterapia e non sono affatto tranquilla. In fin dei conti, tutto quello che faccio lo faccio con un decimo scarso. La fatica e la preoccupazione sono le nemiche più tremende.

Se dovessi dire a quale canzone sto pensando in questo momento, direi alle note di jazz. Sento una melodia asimmetrica, però fluida, composta di note sensuali che ti entrano nel sangue e ti inondano  il cuore, lascinadoti quella sensazione di serenità e tranquillità che troppe volte dimentichiamo. È una musica che sa di estate, di Long island ice tea, di sigarette e di movimenti lenti, nella consapevolezza che domani sorgerà il sole e una nuova vita ci si aprirà davanti.  È un sax che racconta di grandi amori, di forti emozioni e di eroi perduti, di imprese epocali e piccoli gesti quotidiani. La notte scende portando con sé il silenzio della fine della battaglia e domani un giorno di pace sarà a portata di mano.

In questa settimana appena trascorsa ci sono stati degli avvenimenti clamorosi che mi hanno fatta vacillare. Eventi contrastanti che mostrano la natura ambivalente dell’essere umano.

Prima, la tragedia terribile del canale di Sicilia. Settecento e più persone sono state sepolte dalla disperazione e dall’acqua in un cimitero marino ormai affollatissimo. Quello che mi fa davvero pensare male di questa società è che l’opinione pubblica, anziché provare empatia per questi disgraziati si è detta sollevata, perché così non ce li saremmo ritrovati in casa. Credo che questo genere di cinismo sia più tipico di popoli famosi per essere inventori di strutture di morte e non degli italiani. Io sono la prima a lamentarmi dell’abusivo che si piazza a piazzale Flaminio sui percorsi per non vedenti  e ci litigo anche. Ma non è colpa sua. È colpa di una amministrazione pubblica sbagliata, ormai radicata da decenni, che ha portato uno dei popoli più generosi della Terra ad essere cinico, indifferente, arrogante e avido di potere. Credo ci stiano avvelendo, ma ancora non ho capito a quale scopo.

Poi, qualche giorno dopo, ascoltando Tutto Esaurito, programma di radio 105, sento l’opposto. Un padre di Ferrara chiedeva se qualcuno avesse da vendergli una macchina adatta al trasporto di persone su sedia a rotelle, perché la figlia dodicenne, in sedia dalla nascita, aveva bisogno di più spazio e non riusciva a trovare una soluzione rapida al problema. Oltre alla enormi manifestazioni di solidarietà sincera, due grandi case automobilistiche gli hanno proposto una soluzione a breve termine per tamponare l’esigenza e l’impegno a sistemare la situazione entro breve tempo. Tutto quello che si sentiva non era compassione e nemmeno pietà- era solidarietà, era comprensione, ma soprattutto si sentiva la sincera generosità del cuore battente degli italiani.

Questi due eventi hanno decisamente ridimensionato i miei problemi che, per quanto grandi, non sono i soli presenti al mondo. Quando si vive momenti tristi si crede di essere soli, si crede che tutto il mondo si stia divertento alle nostre spalle e si vede Dio con in mano una lente di ingrandimento mentre cerca di colpirci con i raggi del sole. Quello che penso è che, se un Paese intero tramite una radio riesce a manifestare così tanta solidarietà, allora tutti noi passiamo farlo, cercando di migliorare il posto dove ci troviamo. Forse è vero che l’unico modo utile per estirpare il dolore sia donare qualcosa agli altri.

Mi chiedo perché la gente si ostini a farsi del male. Mi chiedo se non sarebbe più facile e voleco manifestare subito i malumori, senza aggressività e senza cattiveria, cercando poi di risolverli mediando. Non si può vivere in uno spartito di jazz, ma forse qualche momento puù essere una melodia universale.

Come dice la canzone, siamo pronti per il meglio ma ci aspettiamo il peggio. In questo periodo, se tornassi a casa e trovassi un cratere al posto del mio palazzo, non farei una piega. La violenza che sereggia nella società è la cartina tornasole di una insoddisfazione profonda che colpisve questo Paese da anni. Ci avvelenano, ci promettono un futuro dove futuro non c’è. Ma sono dell’idea che sia il singolo a fare la differenza, soprattutto quando si unisce ad altri singoli e crea un gruppo, pieno di diversità, ma con un obiettivo in comune. Credo che le azioni degli individui costituiscano la misura della civilizzazione di una società. Ma non c0è società dove non c’è un gruppo di persone unite da uno scopo e da una legge. Vediamo il prossimo come un avversario e non come un compagno di squadra. Non va bene.

Se siamo qui, tutti, oggi, c’è un motivo, che sia anche il motivo più scemo della Terra, ma qui ci siamo per una radione. E allora, sapendo che tutti hanno problemi e che tutti lottano costantemente per sopravvivere, in un paese che ti può strozzare lo fa volentieri, cerchiamo di stare uniti.

Pensateci, nessuno è da solo.


XOXO