Un impegno che dobbiamo a noi stessi.
Quest’anno ho partecipato per la prima volta all’edizione
numero 17 della Race for the Cure, la maratona rosa in favore della ricerca e
della prevenzione del il tumore al seno.
Fonti ufficiali dicono che eravamo circa 63 mila iscritti!!!
Un numero incredibile, che fa pensare a quanto il cancro al seno sia un
argomento di assoluta rilevanza nell’opinione pubblica.
Non so se eravamo proprio sessantamila e passa alla partenza
questa domenica, ma di sicuro almeno trentamila eravamo pronti a manifestare in
favore di una vita più sana e meno flagellata da questa malattia terribile che
colpisce sempre più spesso soprattutto ragazze giovanissime.
Per i giorni del 13, 14 e 15 maggio sono stati allestiti una
serie di stand all’interno del Circo Massimo, insieme a un bel palco sul quale
si poteva addirittura fare attività fisica. Ci sono state manifestazioni in
favore di una dieta più salutare, di abitudini quotidiane sane e seminari che
spiegavano come possiamo fare tutti quanti per vivere una esistenza meno
problematica.
Domenica, alle 10 del mattino, ci siamo ritrovati tutti
insieme davanti alla chiesa di Santa Maria in Cosmedin – cioè la Bocca della
Verità – e ci siamo uniti in un unico abbraccio
lanciato a tutte quelle donne con la t-shirt rosa, simbolo di chi stava
attualmente lottando contro il tumore alla mammella.
È stato quasi commovente vedere la sfilata di questi esempi
di tenacia e tutti speriamo che si possa presto mettere la parola fine alla
loro condizione drammatica, riportandole ad una vita libera dall’incubo della
malattia.
So bene che è terribile sentirsi mangiare da dentro: sai che
qualcosa non va, sai che la cosa è davvero seria, ma nonostante tutto devi
resistere e sperare che i trattamenti abbiano effetto. Di fatto sei impotente. L’unica
tua opzione è lottare e sperare che basti. Poi, quando ti triverai in acque più
calme, avrai il costante ricordo di quello che è stato e, a dispetto di tutti
gli sforzi per portare la mente su altro, il grillo dentro la tua testa
continuerà a ripeterti che sei una sopravvissuta. È durissima, prima durante e
dopo. Una pièce de resistence che merita il premio Nobel per la forza di
volontà.
Molte anche le autorità alla linea di partenza, tra cui anche
il ministro Lorenzin che si è presa una bordata di migliaia e migliaia di
fischi. Se fosse rimasta a casa, avrebbe fatto una figura migliore. Presente anche
la banda dell’Arma dei Carabinieri che ha suonato vari pezzi, tra cui l’Inno
che è stato cantato da tutti. Peccato per il volume: troppo alta la voce della
Lorenzin e troppo ovattato il suono degli strumenti della banda. Magari il
prossimo anno potremmo evitare di portare esempi politici deleteri che niente
hanno a che vedere con la salute VERA DEI CITTADINI e illuminare di più i bei
momenti di unione del paese nel nome di una cura.
Il percorso era di cinque chilometri per i competitor tosti e
convinti che se lo sarebbero fatti di corsa, mentre era di due solamente quello
per i passeggiatori. Quasi tutti, però, abbiamo camminato per tutti i cinque
chilometri.
Partendo dalla Bocca della Verità, si passava per via
Petroselli, Teatro Marcello, piazza Venezia davanti al Vittoriano, si
proseguiva per via dei Fori Imperiali, girando intorno al Colosseo, si
procedeva in discesa verso le Terme di caracalla che s aggiravano per poi
tornare al Circo Massimo. Un percorso meraviglioso con una vista incredibile.
Chi mai camminerebbe in mezzo a via Petroselli sapendo che non sopravviverà all’esperienza??
E invece è stato bellissimo: una Roma libera da auto, autobus, motorini e
chissà quale altro veicolo a motore.
Dopo la manifestazione – che è durata parecchio perché eravamo
talmente tanti che continuavano ad arrivare persone al traguardo senza sosta! –
ci siamo tutti insieme impossessati dell’Aventino, portando un po’ di colore a
strade forse un po’ troppo snob.
Io e mia madre ci siamo fermate inuna piccola pizzeria al
taglio e abbiamo preso da mangare. Mentre facevamo rifornimento, ci si è
avvicinata una ottantenne poverissima che chiedeva l’elemosina. Mi ha ricordato
mia nonna, gobba, piccolissima e mi ha fatto tenerezza. Le abbiamo dato quattro
pezzi di pizza, sperando di farla contenta almeno per quella giornata. So che
la miseria non si risolve con un po’ di cibo dato una tantum, ma mi ha fatto
davvero tristezza e compassione e mi sembrava incredibilmente malato e bestiale
ignorare quella vecchina senza mezzi. Dopotutto, quale lavoro potrebbe trovare
per mantenersi?
Credo che la costruzione di una coscienza collettiva sia importante.
È importante rendersi conto di come oggi il cancro sia una malattia invadente e
predominante. È importante riconoscere come tutti siamo accomunati da disgrazie
terribili. È importante comprendere che solo l’unione e la consapevolezza
possono portare ad una soluzione. È importante sentire emozioni come la pietà e
la gentilezza, che ogi sembrano assolutamente fuori moda.
Alla race si è presentato di tutto, ogni fascia demografica
era ben rappresentata: dai gruppi sportivi di ventenni assatanati, dalle
famiglie con bambini piccole, alle donne in compagnia di amiche, alla
vecchietta che camminava con il marito al seguito, c’eravamo tutti. Anche i
turisti erano affascinati da questa onda rosa umana che dilagava per la Roma
antica. Ma quale città puà mai offrire uno spettacolo simile??
Italia ci sei,però fatti vedere più spesso perché sei
stupenda!