Buenos dias a todos!
Ci sono volute settimane prima di riuscire a riordinare tutte
le foto ma alla fine ci sono riuscita e sono pronta per un post
guida-commento-recensione dell’Andalusia!
Per chi non lo sapesse – in tal caso, devo dire che vivete
proprio dentro una caverna – sono stata dal 22 al 29 settembre insieme al mio
pasticcino calabrese a spasso per l’Andalusia! Non abbiamo toccato le coste, ma
le città ormai sono nostre.
Siviglia
Siamo partiti da Fiumicino con un allucinante volo Ryanair
delle 6 del mattino. Ci ha accompagnati mia mamma all’aeroporto con ancora il
pigiama addosso…immaginate la sua gioia. Dopo due ore di nanna profonda,
abbiamo toccato terra spagnola! Avevo letto che la temperatura media in quella
regione in settembre si ferma intorno ai 30 gradi. Ci sono rimasta malissimo
quando, all’arrivo a Siviglia, ci siamo immersi nella pioggia e in miseri 17
gradi di temperatura. E io che speravo di vivere una settimana di estate! Per
fortuna, la situazione è andata migliorando rapidamente e le mie aspettative sono
state soddisfatte.
All’aeroporto di Siviglia abbiamo preso la macchina da Gold
Car, unico noleggio che accetta le carte di debito. Così, una Opel Corsa blu è
diventata il nostro tappeto magico in un viaggio ai confini delle Mille e una
notte!
L’alberghetto sivigliano non era affatto male. Si trova
vicino alla fermata della Metro Cavaleri, in una periferia residenziale della
città. Punto di assoluto interesse – prima ancora dei monumenti e dei musei – è
un bar ristorante aperto da colazione a dopo cena che si chiama El Metro, proprio
di fronte all’uscita della stazione Cavaleri. Lì potete trovare unicamente
persone del posto e mangiare davvero sivigliano. Dalle tostadas del mattino che
personalmente adoro, al pulpo a la gallega per cena dove vi si presenta un
piatto gigante con dentro un polpo intero, tutto ovviamente annaffiato di
cerveza. Nota di assoluto rilievo: costa pochissimo e mangiate in quantità
industriali.
La metro di Siviglia ha una sola linea, un treno va e uno
viene.
Spettacolo!
Passando alla città.
Siviglia è il capoluogo dell’Andalusia, regione più
meridionale della Spagna peninsulare. È assolutamente sconsigliato visitare
questi posti in piena estate: la temperatura si aggira tra i 42 e i 45 gradi e
rende impossibile godersi una meritata vacanza in questi incantevoli anfratti
spagnoli. Considerando che a fine settembre ci sono circa 32 gradi, è
decisamente meglio organizzare un viaggio lontano dai mesi più roventi, nei
quali girereste solo per due ore al mattino e un paio d’ore la sera, perdendo
così tempo in posti al chiuso appiccicati all’aria condizionata.
Il centro è stupendo! Pulito, organizzato, ordinato, potete
lanciarvi sulle strisce pedonali e tutti si fermeranno senza indugi, non ci
sono venditori ambulanti che vi inseguono ogni metro o che vi mettono le
trappole di ciarpame per terra e si incavolano anche se gliele calpestate,
tutti sorridono e la gente ha un modo di fare davvero educato. Ricordiamo che
queste persone sono quasi più arabe che europee… il ritorno a Roma è sempre un
trauma.
Prima cosa da vedere assolutamente è l’Alcazar, ovvero il
palazzo reale di Siviglia. Quando Juan carlos e compagnia si recano nella città
andalusa, è qui che risiedono. Si tratta di un palazzo reale di origini arabe,
infatti venne originariamente costruito dai Mori per il loro sultano. Credo il
termine “opulenza” non renda nemmeno l’idea delle meraigkie che trovate dentro
l’Alcazar. Pavimenti, muri e soffitti sono finemente decorati di azulejos, cioè
le piastrelline tagliate e dipente a mano di epoca medioevale araba. I giardini
sono ancora quasi completamente intatti da secoli e girare nel palazzo e nel
parco è una esperienza quasi mistica. Se non fosse per la massa di marmaglia
che rovina l’atmsfera, potremmo tranquillamente immaginare di trovarci
nell’epoca dei Mori, in attesa di sottoporre al sultano un accordo commerciale
con qualche regnucolo insulso del Nord Europa.
L’Alcazar apre alle 11 e chiude alle 17 e queste ore bastano
appena per vedere tutto. I portatori di handicap e i loro accompagnatori
saltano la fila – normalmente chilometrica – e entrano gratis. Questo non è un
fatto scontato: in Spagna non c’è una vera politica sulla gestione del turista
con disabilità e i vari siti archeologici e museali possono fare precisamente
quello che gli pare.
La cattedrale di Siviglia e il suo campanile, che in realtà è
il minareto della precedente moschea rasa al suolo dopo la riconquista
cristiana della fine del XV secolo, sono bellissimi e vale la pena spendere
mezza giornata solo per loro.
A Siviglia, altri siti interessantissimi sono la Torre
dell’Oro, che contiene reliquie di Cristoforo Colombo, ricostruzioni e dipinti
di ammiragli spagnoli importanti (ma chi li conosce?) e la Casa de Pilato.
Ponzio Pilato non ci ha mai messo piede ma il costruttore dell’edificio, uno
dei capostipiti della famiglia nobile Medina Celi, nel Rinasimento è rimasto
folgorato da quella che doveva essere la casa del Romano in Israele e ha voluto
riprodurre, data anche una forte somiglianza con i palazzo già esistente, la
stessa forma anche a casa sua. Il risultato è molto bello e ci si sente parte
della nobiltà. Che emozione! Anche qui trovate i bellissimi decori in azulejos
dappertutto e la mescolanza di Rinascimento italiano, riconquista cristiana e
passato arabo.
Il fiume Guadalquivir divide la città e, meraviglia, ci fanno
anche canottaggio! Abbiamo visto diverse barche passare… che bello.
Sulla sponda dell’Alcazar trovate il quartiere di Santa Cruz
dove si addensano tantissimi locali carini dove mangiare ebere. Sulla sponda di
fronte, invece, il quartiere di Triana offre locali in riva al fiume molto
romantici e caratteristici. Vi consiglio la Fresquita, dove si mangia in piedi
ma è troppo buono da evitare. Lo trovate a Santa Cruz ed è la fine del mondo.
Puntata obbligatoria è quella del museo del flamenco, ballo
spettacolare e suggestivo che vi terrà incollati come api al miele. Ogni sera
ci sono diversi spettacoli alla cifra di 15 euro a persona ma devo ammettere
che ne vale assolutamente la pena. È flamenco tradizionale e i ballerini
sembrano davvero coinvolti fino alla
morte in quello che fanno. Lo show si svolge dentro il museo del
flamenco, di fronte alla cattedrale, in una ambientazione mudejar – ovvero lo
stile che mescola arabo e cristiano – e vi prometto che vi divertirete
moltissimo. Dura circa mezz’ora al ritmo di chitarra spagnola suonata dal vivo.
Sapete che altra caratteristica tipica dell’Andalusia è la
corrida. Non sono mai stata afflitta dai dubbi new age sul fatto se sia giusto
o meno mangiare carne. Rispetto i vegetariani, non comprendo i vegani anche se
li accetto lo stesso – però penso che non se ne facciano molto della mia
tolleranza – ma mi danno fastidio i discorsi fatti da divoratori di gran
bistecche su quanto sia atroce uccidere un vitellino… l’idea della corrida,
però, non mi attirava molto. Eppure è tipico e migliaia di persone girano in un
settore che di sicuro ha anche il suo ritorno economico per i partecipanti.
Così, sabato sera, siamo andati a vedere la lotta dell’uomo contro il toro
inferocito.
Non era in programma di restare anche sabato sera a Siviglia,
mentre avremmo dovuto già trovarci a Cordoba, città successiva nel nostro
itinerario di viaggio. Allora, da veri avventurieri dei tempi di Colombo,
abbiamo lasciato l’albergo la mattina presto per andare a vedere il sito
archeologico di Medina Azahara che dista circa due ore da Siviglia e dieci
minuti da Cordoba. Si tratta di una città musulmana ormai in rovina da secoli
che nel Medioevo rappresentò un centro di cultura e assoluta ricchezza
dell’impero arabo in Europa. Ancora oggi si riesce a respirare quel senso di
lusso e cura dei dettagli, nonostante il passare del tempo abbia eroso le
tracce di questa opulenza araba. Non è accessibilissima come Siviglia o
Cordoba. Diciamo che come difficoltà per i disabili è sullo stesso livello dei
Fori Imperiali a Roma. È fatta a gradoni in discesa, si parte dal più alto per
terminare circa a metà. Dopodichè non si può proseguire in quanto gli scavi
sono ancora aperti. È, a mio avviso, uno spettacolo unico. Non ho mai visto
niente del genere da nessuna parte in alcun Paese che ho visitato. Non mi
aspettavo di essere così fortemente affascinata dall’arte araba, ma questa
supera ogni aspettativa. Venendo dalle opere conservate benissimo di Siviglia,
si riesce perfettamente a immaginare come dovesse essere Medina nell’epoca
d’oro. 100% must see. La visita prende circa due ore e dopo aver terminato il nostro
giro immaginando Aladin, abbiamo fatto il check in nel nostro nuovo albergo di
Cordoba e siamo ripartiti per due ore di auto verso Siviglia e la corrida.
Abbiamo parcheggiato alla fine della linea della metro e mi aspettavo di
ritrovarmi nel Bronx andaluso. Invece era un quartiere residenziale molto
carino e ordinato, pieno di parchi e famiglie con bimbetti allegri. Eravamo
vestiti da turisti all’arrembaggio e ci siamo cambiati in macchina per
riprendere forma umana e sentirci pronti al grande evento. La gente va
addirittura in giacca e cravatta a vedere il toro che incorna il torero!
Premessa: la guida ci aveva precedentemente spiegato le
regole del gioco e le sue origini. Storicamente, i militari venivano addestrati
a combattere e si utilizzavano i tori così da temprare il carattere del futuro
soldato. La cosa aveva iniziato ad attirare anche civili e, dato che la carne
del toro veniva poi donata ai poveri, si creò un giro di interesse notevole. Il
torero non affronta da solo il toro, ma è accompagnato da cavalieri e altra
gente a piedi di cui non ricordo il nome.
La regola dell’arena di Siviglia è che non c’è indulto per la
bestiola. Devi da morì insomma.
In più, cosa che mi ha dato particolarmente fastidio, la
carne dell’animale non viene più donata ai bisognosi ma volgarmente venduta al
mercato, quindi è venuto a mancare il riscontro sociale dell’evento.
Non ero convinta, ma ci sono andata lo stesso, almeno per
poter giudicare dopo aver davvero vissuto l’esperienza.
I nostri posti erano particolarmente carini, al coperto e
lontani dalla battuta del sole che alle 6 di sera picchia ancora molto. La
visione era anche parecchio buona – per chi ci vede. Ammetto di essermi
annoiata un po’, ma almeno mi facevano la telecronaca.
Non c’è una vera presentazione dei toreri che andranno a
sfidarsi e nessuno ti dice che cosa sta succedendo davvero. Sapevamo solo che
sei tori sarebbero usciti dalle gabbie nessuno di loro sarebbe uscito
dall’arena sulle sue quattro zampre.
Credevo però sarebbe stato più cruento, con il toro
inferocito e il torero che vola in aria come un foglio di carta al vento. Invece
è stato tutto molto lento e molto blando, senza grandi colpi di scena
emozionanti. Io ovviamente tifavo per il toro: sai che la fine sarà quella,
tanto vale vendere cara la pelle e mirare alle parti basse e molli del boia che
ti infilzerà come uno spiedo per tagliarti da morto un orecchio. Ma i tori
secondo me sanno benissimo quale sarà il loro destino e i primi 4 sono stati
davvero lenti e se ne stavano in un punto isolato dell’arena. Gli spettatori si
lamentavano: anche secondo loro era tutto troppo delicato, solo che loro
tifavano per il torero. Il quinto toro è stato fatto uscire dall’arena dopo che
erano state introdotte delle mucche dotate di campanaccio al collo sulla
sabbia… non sappiamo esattamente che cosa sia successo, ma il toro successivo –
finalmnte – ha incornato il torero che è volato per aria e si è tagliato la
faccia e una gamba. Probabimente si è fatto male ma non ha mollato. Su un blog
abbiamo visto una foto che ritrae la sua espressione dopo la caduta: aveva gli
occhi fuori dalle ordite e sangue che gli colava dal labbro inferiore. Ben ti
sta. Il torero cerca di uccidere il toro con una spada ma il colpo raramente è
subito mortale. La povera bestiola rimane viva e agonizzante e servono altri
colpi per stroncarla. Dopo la morte, il torero taglia un orecchio al cadavere,
il quale viene poi trascinato fuori dall’arena trainato da un cavallo. In
questo momento, in tutte le sei serie di uccisioni, il pubblico fischiava, ma
non ne capisco il motivo.
Dopo quasi tre ore di massacro, sono uscita disgustata. So
bene che la bistecca che mi arriva nel piatto proviene da un animale morto, ma
tutto questo show mi sembra inutile, crudele e noiosissimo. Eppure, cercando su
internet, ci sono comunità, forum, gruppi e associazioni di cittadini che
commentano e supportano il movimento. È nella loro cultura, e questo lo
rispetto completamente, ma mi chiedo se non sia ora di svecchiare un po’
l’atmosfera, dato che la carne che risulta dal massacro viene venduta e nemmeno
donata in beneficenza.
Dopo lo spargimento di sangue e orecchie, abbiamo fatto
l’ultimo giretto per il centro di Siviglia e siamo ritornati stanchi morti a
Cordoba, arrivando intorno alle 2 del mattino.
Cordoba
Cordoba è una città spettacolare. Il centro si sviluppa
intorno alla vecchia moschea, la Mezquita, e all’antico ghetto ebraico.
Accessibilissima, quasi riposante, dipinta di un bianco splendente che a Roma
non durerebbe dieci minuti prima di vedere i muri ricoperti di scritte e
schifezze varie, credo sia il posto ideale per studiare, divertirsi o anche
solo passare un periodo tranquillo in un posto davvero accogliente. Potete
vedere subito il ponte romano, con sopra la fortezza costruita dai Mori. Di
fronte, dall’altra parte del Guadalquivir, la porta monumentale della città che
vi condurrà direttamente alla Mezquita.
La Mezquita è l’antica moschea musulmana che, per fortuna,
nel momento della riconquista cristiana, non venne rasa al suolo come
d’abitudine, ma conservata. Persino all’epoca riuscirono a notare quanto fosse
stupenda e prestigiosa. Oggi è una cattedrale e si svolgono le funzioni della
domenica. Vi perderete in una foresta di colonne, archi, decorazioni minute e
perfette che ricordano un periodo in cui era normale avere pazienza per
svolgere bene un lavoro di precisione e valore. Ci vuole più di un’ora per
visitarla tutta e ne vale assolutamente la pena.
I disabili pagano il biglietto ridotto, mentre
l’accompagnatore si accontenta dell’intero. Non salterete nemmeno la fila,
quindi svegliatevi presto la mattina della visita.
Anche a Cordoba c’è l’Alcazar, ossia il palazzo reale. Meno
suggestivo di quello di Siviglia, ma sempre d’effetto. Merita la visita, ma
anche qui niente sconti o agevolazioni per disabili. Non mi è sembrato
particolarmente accessibile, quindi a voi carrozzati attenzione che potreste
non riuscire ad entrare nei locali del castello. Io, ci ho lasciato un corno.
Non avevo notato che uno stipite fosse particolarmente basso e nell’emozione
della visita, ho lasciato un pezzo di cranio sul muro, guadagnando un bernoccolo
che è andato via qualche giorno fa.
Altro luogo interessante e delicato da vedere è l’antica
Sinagoga. Si trova proprio nel centro della città, che in ogni caso è davvero
contenuta, e se pensate che è stata costruita nel 1315 e ancora oggi conserva
la forma, le decorazioni, le scale e gli inserti in gesso, c’è da commuoversi.
Per mangiare vi straconsiglio la mensa della facoltà di
Filosofia dell’università di Cordoba. Lasciate stare tutte le indicazioni delle
Zingarate e di TripAdvisor, tutte idiozie. Proprio nel centro, attigua alla
cappella di San bartolomeo, si trova l’edificio della facoltà, ovviamente in
perfetto stile mudejar e costruito intorno a un cortile interno arabeggiante.
Con 5 euro mangiate seduti in una mensa molto bella, serviti al tavolo e vi
porteranno un primo, un secondo, bibita caffè e dolce. Piatti grandi e servizio
di assoluta eccellenza. Sarete circondati da studenti, professori, un ambiente
magnifico. Quasi quasi mi iscrivo.
Dovete assolutamente prendervi un tè arabo nella sala da tè
di fronte alla chiesa di San Rocco. Sarete immediatamente catapultati in un
mondo magico, spettacolare, con fontane d’acqua cprrente, profumi di spezie e
tabacchi. Mangerete dei dolci arabi che sono assolutamente favolosi e la scelta
del tè è semplicemente unica. Si sta benissimo ed è il posto ideale per
riposarsi un po’, ricaricando le batterie per una nuova avventura.
A Cordoba troverete anche una piazza enorme piena di locali e
di famiglie e un antico tempio romano. I ristorantini e i vari localii un po’
più affollati sono nell’antico ghetto ebraico, sempre intorno alla mitica
facoltà di Filosofia.
Se siete amanti dei souvenir ma non volete prendere le solite
cianfrusaglie, dovete obbligatoriamente fare tappa alla gioielleria di argenti
El Califal. Si tratta di una azienda di ormai quattro generazioni di orafi che
lavorano l’argento in uno stile tipicamente ebraico, utilizzando dei fili di
argento che andranno intrecciati per formare dei disegni magnifici. Vendono
ciondoli, orecchini, collane, braccialetti, anelli e il laboratorio si vede
direttamente da dentro il negozio. Vi accoglierà il titolare, Manuel, che vi
spiegherà che i disegni ricreati in argento a mano sono ispirati ai lavori
degli azulejos di Siviglia, Cordoba e della Alhambra di Granada. Il mio dolce
orsetto di ‘nduja mi ha regalato un medaglione bellissimo ispirato a un rosone
posto sul soffitto della Alhambra. Il vero pericolo è che il caro Manuel vende
anche online e questo è MALE. Rischio di fare acquisti compulsivi sul suo sito.
Di fronte al ponte romano trovate la churreria che vi
preparerà a un prezzo ridicolo una colazione a base di cioccolata calda e
churros. Che cosa sono i churros? Sono delle pastelle dolci, fritte, servite
caldissime che dovrete inzuppare nel cioccolato. Possono arrivare sia a serpentina,
sia a bastoncino, la differenza è la consistenza. Io le adoro entrambe, quindi
avanti di churros! Amo il fritto, ma sono vecchia e lo digerisco male, quindi
dopo una colazione del genere – considerando che la mattina mi sveglio sempre
con lo stomaco chiuso a doppia mandata – ammetto di essermi sentita un peso da
una tonnellata addosso. Ma erano davvero troppo buoni!
Non è stato facile lasciare Cordoba. Ci è piaciuta
moltissimo, ci siamo divertiti tanto e anche le visite non sono state poi così
faticose.
Ma il viaggio continua.
Granada
Dopo altre due ore di autostrada, siamo arrivati a Granada,
città mitica dell’antico impero arabo.
Parcheggiare in questa città equivale a cercare il vello
d’oro. Alla fine abbiamo trovato un posto lontanissimo dal centro. Dopo quaranta minuti di cammino,
siamo arrivati finalmente downtown.
Vi dico subito che se avete intenzione di visitare la
Alhambra, ossia la residenza reale dei sultani e di Carlo V, dovete prenotare
nel momento stesso in cui decidete di andare. Fregatevene di non avere la
riduzione per diversamente abili, tanto una volta arrivati sul posto dovrete
fare una fila di ore e ore, e aver prenotato per tempo vi salverà almeno due
giornate.
Sono stata, lo ammetto, un po’ poco previdente. Avevo letto
di momenti di panico per comprare i biglietti per la visita dei palazzi e dei
giardini, ma credevo si trattasse di terrorismo turistico e che quindi saremmo
riusciti a cavarcela lo stesso.
I Fantozzi si alzarono alle ore 6 del mattino e presero il
taxi per la Alhambra – che per inciso si trova sul cucuzzolo di un monte che
domina Granada – e, una volta giunti sul posto alle 7 e 10 del mattino, prima
ancora del sorgere del sole, si resero conto che sarebbe stata un’impresa titanica.
C’era già una marea infinita di gente. Trovate due file, una
per le casse automatiche, una per le casse con pincopallino dietro il vetro. In
quelle automatiche vi accontentate del viglietto intero e basta. Preparatevi
perché nessuno vi darà indicazioni su cosa fare, dove andare, quali sono gli
orari, se ci sono o no biglietti e i disabili si attaccano al tram e restano in
fila insieme al resto della marea umana. Avete a disposizione quattro diversi
ingressi: uno al mattino, uno dopo pranzo, uno alle 18 e uno alle 22. Dopo due
ore di fila – penso di aver iniziato a parlare con Jim Morrison a un certo
punto – in piedi senza potervi muovere così da non perdere i metri tanto
faticosamente guadagnati, arrivate alle casse automatiche e… sorpresa! Non ci
sono più biglietti e, nonostante i simbolini sulla cassa, non accettano né Visa
nè Mastrcard! Arrivi a un punto in cui senti l’odio sorgere dentro di te e
istinti violenti iniziano a impossessarsi del tuo raziocinio.
Al nostro arrivo, potevamo prendere unicamente i biglietti
per la visita notturna dei soli palazzi. Ovviamente, dopo due ore di rottura di
scatole, senti che qualcosa devi comprare per forza, almeno per dare un senso a
quel delirio. La maledetta demoniaca sputa il mio bancomat ma accetta la mia
carta di credito. Non si sa. Una coppia di italiani accanto a noi non riusciva
a pagare, nonostante avessero le mie stesse carte appartenenti alla stessa
banca, così gli ho strisciato la mia carta di credito e loro mi hanno dato il
contante. Ci vogliono solidarietà e unione dopo ore di barbarie.
Decido di andarmi a lamentare con la direzione: non è
possibile trattare in questo modo i disabili. Non gli fai saltare la fila, li
tieni sotto il sole, non dai informazioni a chilometri di turisti stremati, non
permetti l’utilizzo di agevolazioni e li costringi a comprare per forza, anche
se poi quella visita sarà quasi inutile. Considerando che la sera vedo
malissimo, visitare al buio per me equivale a non vedere un cavolo. L’unica risposta
che mi hanno dato è stata quella di scrivere una lamentela e infilarla nella
scatola delle lagnanze.
SAI DOVE TE LA PUOI INFILARE LA SCATOLA CON TUTTE LE
LETTERINE DENTRO CARA ALHAMBRA??????
Quel che è peggio, non puoi acquistare i biglietti per il
giorno successivo, perché tutti gli ingressi vengono venduti solo il giorno
stesso.
Sono andata via incavolata nera e inacidita a bestia.
Granada mi sembra una città fatta solo di salite: non ricordo
una strada in discesa se non una scalinata mostruosa per scendere dalla casa della
madre del sultano. Doveva proprio odiarla quella povera donna, dato che l’aveva
relegata in cima a un monte.
Ci siamo fatti un giro nei vari luoghi indicati dalla guida
ma, onestamente, dopo Siviglia e Cordoba, il confronto è durissimo.
La sera siamo andati alla mitica visita dell’Alhambra.
Addirittura, nonostante i biglietti già acquistati, ci avevano detto di
arrivare con 45 minuti di anticipo, perché si poteva creare fila ai tornelli…
Una cosa esasperante. Non aspettatevi indicazioni su dove andare, quale
ingresso imboccare e quale file fare. Non c’è scritto niente e nessuno sa
niente. I due Tizio e Caio all’ingresso sembravano non si fossero mai visti
prima e nemmeno conoscessero le loro mansioni.
I palazzi che abbiamo visitato sono davvero belli, suggestivi
e per chi vede bene credo la notte conferisca un’aria tutta particolare.
Siccome non vedevo, toccavo tutto, dai rilievi in gesso alle statue agli
azulejos. Non si potrebbe fare, un tizio della sicurezza mi si è avvicinato e
guardandomi malissimo mi ha intimato di non farlo. Io gli ho risposto
“attaccati” e l’abbiamo chiusa lì.
Lasciate stare tutti i suggerimenti culinari che trovate
online. Andate dritti al mercato di Sant’Agostino. Lì trovate una pescheria
freschissima di crostacei atlantici che potete acquistare e far cuocere sulla
griglia e degustare al tavolino di fronte al banco. È la fine del mondo, non ho
mai mangiato così bene i crostacei. Abbiamo iniziato con un calamaro intero con
tanto di rampe, una dozzina di gamberoni e mezzo granchio crudo con delle chele
gigantesche. Ci siamo sporcati fino alle orecchie e fino ai gomiti. Poi, presi
dall’estasi del cibo e del vino bianco, ci siamo lanciati su quattro aragoste
freschissime e un altro calamaro arrostito. Era tutto delizioso, buono, cotto
benissimo, e si sentiva che non era surgelato – dopotutto, vendevano quello che
mangiavi sul banco e tu scegli proprio da quel banco – e stavo per piangere a
fine pasto. L’apoteosi del pesce. Gli abbiamo lasciato 100€ e non credo di aver
mai speso bene il denaro come in quell’occasione.
Granada stava diventando un po’ una delusione, ma un solo
pranzo ha risollevato il mio giudizio di 1000 punti!
Malaga
Siamo partiti mezzi
ubriachi per Malaga, rimanendo svegli a forza di caffè e Redbull. La
città è più fresca delle precedenti visitate, dato che è sul mare. Anche qui
avete a disposizione un palazzo reale enorme, corredato di fortezza araba, un
teatro romano, i due musei dedicati a Pablo Picasso e molto altro che però noi
non ci siamo goduti. Avevamo a disposizione solo un pomeriggio e lo abbiamo
immolato alla causa del cubismo.
In generale, l’Andalusia è bellissima. Noi non abbiamo
visitato i paesini di montagna, il parco della Sierra Nevada e la parte
costiera dell’Atlantico e del Mediterraneo. Una settimana non basta per vedere
tutto ma posso dire che abbiamo visto parecchio. Quello che più mi è rimasto
impresso è la felice coesione di Cristianesimo, islam e Ebraismo. Si vede, come
leggiamo nei libri di storia, che l’unione e la pacifica convivenza siano produttrici
di progresso e cultura d’oro. Abbiamo molto da imparare dal passato.