Copenaghen, tra Hygge, cibo e birra!






Ciao a tutti ragazze e ragazzi

Ebbene sì, dopo un lunghissimo silenzio di mesi e mesi, eccomi di ritorno sul mio caro Blog. No, non lo avevo dimenticato e non mi ero dimenticata nemmeno di voi! Semplicemente avevo davvero troppo lavoro e troppe attività per le mani. Così, se da un lato accumulavo progetti di articoli divertenti, utili e magari di interesse, dall’altro non trovavo mai la lucidità per terminarli e renderli leggibili. Infatti, ho almeno quattro post che vorrei terminare nelle prossime settimane per voi. Spero di riuscire a farcela.

Ma passiamo al piatto del giorno.

Lo scorso weekend, sono andata per la prima volte in Danimarca, per la precisione a Copenhagen, la bella sede della simpatica sirenetta. Città di Hans Christian Andersen e Karen blixen, piena di storia ma modernissima, devo ammettere che mi ha fatto davvero una positivissima impressione.
Arrivo venerdì sera a ora di cena italiana e ora di nanna del posto. Per fortuna c’è ancora luce e mi vengono a prendere mia cugina e suo marito. Arriviamo a casa loro, in un palazzo fatto con quei mattoncini rossi che mi fanno impazzire. Abitano appena fuori il centro di Copenhagen e il posto è davvero carino.
Rido e scherzo su questa mia prima esperienza in Scandinavia quando, d’un tratto, mi ricordo di essere già passata per le lande dei folletti e delle  fatine… Era il 2006 ed ero andata a fare trekking in Islanda!!! Avevo rimosso questo ricordo, nonostante mi fossi pure divertita. È vero che la nostra guida era il professore di ginnastica svedese pazzo come un cavallo che ci portò a vedere le cacche degli uccelli su una scogliera… ma da lì a non ricordare di esserci stata, ce ne vuole!
Comunque sia, sorvolando sul mio stato di totale confusione mentale, mi accomodo nel mio letto  spogliandomi davanti a una porta finestra che guarda il palazzo di fronte, rigorosamente senza tende. Di tanto in tanto ricordo che il resto del mondo ci vede, sono solo io a non vedere il mondo, ma per una sera faccio finta che, siccome io non li vedo, nemmeno loro mi vedono. Dopotutto, è una chiappa, mica ho scoperto l’America (citando G.)!
Al mattino, colazione con la versione danese della nutella, ma secondo me, molto più buona. Prendi il pane, lo tagli, lo imburri e ci schiaffi sopra una specie di sfoglia sottile di cioccolato che si mescola con il burro. Una roba che al solo pensiero continuo a ingrassare. 

Scatta il giro in città. Il tipico grigiore scandinavo ci accoglie in centro. Onestamente, trovo molto normale questa luce in nord Europa e anzi, mi fa molto strano il sole qui. Partiamo con la mitica sirenetta. Mia cugina, man mano che ci avviciniamo, me la distrugge pezzo pezzo. Io resto neutra, nella speranza però di riuscire a vederla! Effettivamente, la vedo. Ok, se la compariamo al David, è chiaro che il distacco è netto. Ma inserita in un contesto scandinavo, vicino alla riva, circondata da barche a vela bellissime, direi che fa la sua figura. Ma appunto, la parte più bella è proprio il mare. Copenhagen si sviluppa sul mare e si sente il salmastro nell’aria, cosa che adoro. In più, la riva è costellata di barche a vela stupende… un sogno. Ancora più bello, però, il teatro a picco sul mare dal cui tetto qualche matto si lancia in acqua.
Magari io quello lo eviterei. 


Bella anche la fontana che rappresenta la fondatrice dell’isola su cui si sviluppa la città che, sfidata ad arare più terra possibile in una notte così da staccare finalmente la Danimarca dalla Svezia, trasforma i suoi figlioli in buoi e  li mette al lavoro. Forse l’Unicef non farebbe i salti di gioia, ma la storia è interessante e la fontana molto vivace.
Il palazzo della cara Regina è a dir poco stupendo. Al prossimo giro danese, lo andrò a visitare anche dentro. Stando moltissime ore in ufficio, ho notato di aver iniziato a soffrire un po’ di claustrofobia e, se posso, resto volentieri all’aria aperta. 



Fuori dal palazzo ci sono le guardie reali che vanno su e giù. Abbiamo anche fatto la foto con loro, ma non puoi avvicinarti molto, altrimenti si incattiviscono. Hanno una divisa particolarissima, con il colbacco. In più, per l’inverno – ma temo anche per il nostro autunno – hanno una specie di casettina dentro cui infilarsi. 



Facciamo una pausa cibo e birra in un locale molto simpatico. Si scendono tre gradini e si entra nel buio più totale. Tempo che mi sono abituata alla luce, è giò ora di uscire. Quel posto rifila birra alla popolazione danese da secoli e dentro c’è un’aria quasi mistica. Ci portano, oltre alla Carlsberg – che ammetto mi piace parecchio – una pietanza tipica, costituita da pane su cui viene depositata una quantità notevole di burro e vari tipi di aringhe, maccarello, un pesce dal nome impronunciabile di cui non conosco la traduzione in nessuna altra lingua, uova ecc. cioè, ci mangi parecchio. Devo dire che l’aringa, tolti i tre kg di cipolla che erano stati aggiunti, è proprio buona. Amando il pesce, se vivessi a Copenaghen non mangerei altro. 

Arriviamo a Nyhavn, ex quartiere di pescatori e prostitute, oggi ultra pittoresco e turistico, pieno di localini, bar, ristorantini. Ok, ma troppi turisti!





Riparte il giro e ci ripariamo dalla pioggia dentro un negozio di arredamento danese. Ecco, io potrei prendere residenza direttamente lì dentro. Era il mondo degli oggetti, dei mobili, degli utensili, dei tessili e di qualunque altra minchiata tu possa immaginare di metterti in casa, sul terrazzo o in giardino. Ovviamente, caro arrabbiato, ma stupendo. Mi fa impazzire la maniera danese di arredare, con colori chiari, freddi e vari toni caldi per rendere tutto “hygge” come dicono loro. 

Ma sull’Hygge ci ritorniamo più tardi. 

Dentro questo negozio eccezionale, trovo l soldatino di legno che raffigura la guardia della regina con in mano la bandiera danese. Potevo lasciarmelo scappare??? Ovviamente, no! Ho anche preso due sottobicchieri a dir poco essenziali per il mio futuro, uno con sopra sempre il solito soldatino reale e uno con un gruppo di vichinghi.
Volevo il cappello con le corna, ma non ho avuto modo di comprarlo. Pensavo di venirci al lavoro al mio ultimo giorno in questo ufficio. Vediamo cosa possa fare!
Cavolo!!! Mi rendo conto solo ora di non aver preso il magnetino per il frigo!!! DISASTRO. Io faccio la collezione, mannaggia!!!

Facciamo tappa in una libreria che ha al piano terra un bar molto carino. Compro due libri che assolutamente rappresentano il Paese: Ombre sull’erba di K. Blixen e un libro sulla cucina tradizionale danese, in danese, che prima o poi imparerò a leggere. Avendo deciso di non andare avanti con il tedesco, lingua che davvero non mi piace, un’altra possibilità di divertimento linguistico europeo è una delle lingue scandinave. A quanto pare, imparata una, imparate tutte. Oppure il greco. Facciamo tutti e due. Poi devo assolutamente passare al cinese. Sì, per chi non lo avesse capito, uno dei miei passatempi preferiti è quello di imparare lingue straniere. Sempre stato così, anche da bambina.

La serata procede in modo molto casalingo, con vino rosso piemontese e pasta. Era da tanto che non mi sedevo su un divano a guardare la tv e a parlare un po’. Sono belle queste sensazioni di “casa”. Ma  io sono zingara dentro, dove potrei mettermi su un divano? Giusto a casa d’altri, appunto.

La giornata di domenica ci bacia con un sole spettacolare.
Ma lo sapevate che la domenica mattina passa il camioncino dei gelati che suona una campanella che ricorda quella di scuola?  Sì, proprio quella della ricreazione! Ora, mangiare un gelato appena dopo essersi alzati, non mi sembra il massimo. Ma il signore è  avanti: si è anche dotato di pizza surgelata, per coloro che devono riprendersi dai fumi alcolici della sera precedente.
Il marito di mia cugina ci preparaa il pranzo, organizzando diversi tipi di pane con sopra delle combinazioni di pesci di vario genere. Il mio preferito è quello affumicato, davvero eccezionale. 

Usciamo e andiamo al castello estivo della regina – che dista pochi chilometri dalla sua residenza regolare – il quale è famoso per il giardino delle rose. Mia mamma sarebbe impazzita: rose dappertutto, in terra, in vaso, rampicanti, tutte fiorite e profumatissime. 



Poi, giro per i laghi che dominano il centro. C’è anche una food fair, quindi vediamo banchetti che vendono cibo come se non ci fosse un domani. È davvero una bella passeggiata e, per darvi lidea di quanto io sia bianca, per due ore di sole pallido danese, la sera mi bruciava la pelle del viso.

Mi è dispiaciuto molto andare via. Due giorni non bastano per vedere bene Copenhagen, ma ho di sicuro preso le misure per un futuro eventuale qui. Ebbene sì, spero di poter vivere per qualche tempo in Scandinavia nei prossimi anni, ma anziché lanciarmi nel vuoto senza sapere se la città può fare al caso mio, ho deciso di volerle visitare prima, così da valutare la mia vita lì con un po’ di anticipo.

Copenhagen, dal canto suo, è stata promossa. Moderna, ben organizzata, in ogni caso piccolina, mezzi funzionanti, aria di mare, possibilità di fare canottaggio e vela direttamente in centro… e che vuoi di più? Ok, magari il freddo non è proprio il massimo. Ma mi metto un maglione e un cappotto e, ad ogni modo, due ore di volo e sono a Roma. Non mi sembra drammatico.

Parliamo  di caratteristiche simpatiche di questo piccolo ma carinissimo popolo che è quello danese.


Innanzitutto, sono super patriottici.  Infatti, per i compleanni, tirano fuori miriadi di bandierine danesi che dispongono in onore del festeggiato. Roba che in Italia nemmeno per i Mondiali di calcio si farebbe mai.
Poi, hanno un fortissimo senso civico, soprattutto per ambiente, rifiuti, riduzione degli sprechi e riciclo. Mia cugina mi ha fatto scoprire una app che è già disponibile in molte altre città europee che si chiama Too Good To Go. Sulla cartina ti compaiono i negozi di alimentari che, appena prima della chiusura, danno via a prezzo stracciato tutti quei prodotti che non potrebbero arrivare al giorno successivo. E dentro la busta, che ti preparano loro, trovi di tutto. È anche carina come idea perché sembra sempre di aver ricevuto un regalo, aprendo un pacco dentro il quale non sai quale bontà si nasconda!
I danesi, poi, hanno l’”Hygge”. Io lo tradurrei con “focolare”, ma è ancora di più. Può esssere una sensazione, un modo di essere, una maniera di fare qualche attività, che include il comfort, l’accoglienza, il calore umano, il divertimento e la sensazione di essere al caldo con molto molto affetto. Direi che potrei dichiarare Hygge come il mio ideale di vita per i prossimi mille anni. È bellissimo, e ci sono tantissimi libri che parlano proprio di questo loro modo di essere e di concepire la vita.
I danesi parcheggiano i passeggini fuori dai negozi e li lasciano incustoditi finché non tornano a recuperare il marmocchietto e se lo portano via. Allora, io eviterei… ma eviterei proprio di fare una cosa simile in italia. Intanto, potrebbe essere considerato come abbandono di minore. In secondo luogo, sono sicura che se facessi io una cosa del genere, partirei con il figlio di qualcun altro, lasciando il mio davanti al negozio. Di certo, me ne accorgerei solo a casa.
Meglio di no.
I danesi bevono. Tanto. Tantissimo. Sempre. Un popolo a tutta birra e da questo punto di vista non capisco come diavolo facciano ad essere così progrediti socialmente con tutta la birra che gli circola nelle vene. Se bevessi per un giorno quanto loro, penso andrei in coma etilico. Io al massimo bevo una birra piccola o un bicchiere di vino… altri livelli.
L’uomo danese porta il grembiule. Quando ho visto il marito di mia cugina indossarlo e pure tenerselo dopo aver terminato di cucinare, ho quasi pianto. Ho proposto di fargli una foto e di disporre lungo tutto lo stivale gigantografie di quest’uomo che, pur essendo tale, non si fa mille pippe mentali idiote nell’aiutare in casa. Capito maschio italiano dei miei stivali che senza la mamma o chi per lei non riesci nemmeno a rifarti il letto o a provvedere a un pasto?
I danesi sono patiti di sport. E più è pazzo, e più gli piace. Oltre al classico calcio, nuoto, tennis, corsa eccetera, sono forti nel canottaggio e in varie altre attività allucinanti. Quella che più mi ha colpito e che probabilmente farò anch’io, è nuotare in mare così, come se nulla fosse, mentre intorno a te c’è il regno dei ghiacci di Frozem – giustamente, fiaba danese. Quello che vorrei fare è nuotare i 5 km che separano la Danimarca dalla Svezia. Per farlo, a quanto pare, oltre a un notevole allenamento, serve anche essere ricoperti di grasso di foca che lubrifica e tiene caldo. Se potessi, inizierei domani stesso la preparazione per questa follia. Mi sembra troppo allucinante per lasciarla lì.
Tutti i danesi hanno in casa un oggetto in ceramica in onore della casa reale della Royal Copenhagen. Oggettini che costano una fortuna, che io avrei sempre il terrore di distruggere al mio inciampo su un tappeto, ma se abiti in Danimarca uno almeno di quelli ce lo devi avere. 



Direi che la Danimarca ci piace e Copenhagen merita sul serio! Speriamo di tornare presto per un nuovo viaggio nel nome dell’Hygge!

XOXO

PS: voglio questo cappelo.